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FRANCESCO JERACE

Figlio di Fortunato e Mariarosa Morani, Francesco Jerace nacque il 26 luglio del 1853 a Polistena, centro della Piana di Gioia Tauro, oggi compreso nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria. Acquisiti i rudimenti artistici nello studio del nonno materno, si trasferì nel 1869 a Napoli, dove seguì i corsi di Stanislao Lista, all'Accademia di Belle Arti, entrando in contatto con i maggiori artisti del momento che frequentavano la città, tra i quali Filippo Palizzi, Domenico Morelli e il conterraneo Andrea Cefaly.

FRANCESCO JERACE

La vicenda biografica di Francesco Jerace fu lunga e intensa. La sua vita fu densa di avvenimenti, incontri, amori e ricchezze. Strinse rapporti di amicizia fraterna con intellettuali, poeti, letterati, artisti, rappresentanti della nobiltà e dell’alta borghesia, ed ancora con politici, ed importanti personaggi della sua epoca, come Giosuè Carducci e Francesco Crispi.
Alla formazione partenopea Jerace seguì un perfezionamento a Roma. Intanto, nel 1871, si era presentato alla Promotrice Napoletana con il ritratto di Girolamo Marafioti (Napoli, Palazzo della Provincia), opera che fin da subito rivelò la raggiunta autonomia dell'artista, sulla base della lezione realista appresa dal suo maestro Stanislao Lista. Allo stesso periodo appartiene anche la prima versione in gesso del Guappetiello, raffigurazione di un fanciullo del popolo, che segna l'attenzione di Jerace per le poetiche del realismo più intenso. 

RITRATTO DI GIROLMO MADAFIOTI

Verso il 1873 strinse rapporti con la duchessa Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri, che lo introdusse negli ambienti aristocratici napoletani, offrendogli di eseguire un fregio per l'ospedale da lei fondato. Fu la stessa duchessa a presentargli la figlia dell'astronoma Mary Sommerville, che da lì a poco gli commissionò il monumento funebre della madre, nel cimitero degli Inglesi a Napoli. Tra il 1874 e il 1875 lo scultore entrò in contatto con il banchiere svizzero-napoletano Oscar Meuricoffre, per il quale decorò la villa La Fiorita a Capodimonte.

MONUMENTO A MARY SOMERVILLE

L'Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 segnò per Jerace l'occasione per mostrare il suo linguaggio artistico, in cui evidente appariva la sua incessante ricerca di equilibrio fra le istanze del bello e le esigenze del vero. In questa fase Jerace iniziò a rivelare un profondo interesse per l'opera di Michelangelo che lo porterà a sperimentare nuovi percorsi stilistici. 
Nel 1878 partecipò all'Esposizione Universale di Parigi riscuotendo un particolare successo. Due anni dopo presentò all'Esposizione nazionale di Torino ben sette opere, fra cui la famosa Victa (Napoli, Museo civico in Castel Nuovo) e il gesso intitolato Trionfo di Germanico (Catanzaro, MARCA, Gipsoteca Jerace), sculture che ricevettero commenti entusiastici. 

TRIONFO DI GERMANICO

Con Victa Francesco Jerace giunse ad inaugurare una nuova tipologia di bellezza femminile, idealizzata e sensuale a un tempo, che verrà riproposta in numerosi altre suo opere. Il potente busto in marmo, aprì una via tutta italiana nel mondo della scultura, proponendo un nuovo modello che mediava la lezione dell’antico e del classicismo cinquecentesco con il vero, includendo anche pensieri ideali e politici. Sul soggetto rappresentato la critica non è stata mai concorde. Secondo alcuni si tratterebbe di un’allegoria della Polonia invasa e divisa fra Russia, Prussia e Austria. Secondo altri di una regina persiana costretta a subire gli abusi dei vincitori. Sta di fatto che il carattere indomito e fiero di questa scultura colpì gli studiosi del tempo che considerarono Victa l'opera "più perfetta" della mostra. Il marmo ricevette un premio di 3000 lire e l'immediata prenotazione di cinque repliche che negli anni giunsero a circa venti, mentre all'Esposizione di Melbourne, del 1880, Jerace fu insignito della medaglia d'oro.

VICTA

Nel 1885 Francesco Jerace modellò il bellissimo angelo reggicortina della tomba di Luigi Compagna nel santuario della Madonna della Schiavonea a Corigliano Calabro e tre anni dopo la statua di Vittorio Emanuele II per la facciata di palazzo reale a Napoli. In questo periodo Jerace concepì diversi busti femminili idealizzati, come ad esempio l’Era di maggio (una versione è nel municipio di Reggio Calabria) e l'Arianna (1886), opere in cui la struttura classica si fonde con un'inedita espressione del sentimento.

TOMBA DI LUIGI COMPAGNA

Il prestigio dell'artista venne nuovamente riconosciuto nel 1891 con l'invito a far parte della commissione permanente di Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione. Un altro grande successo fu riscosso all'Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92. Seguirono le partecipazioni a diverse rassegne internazionali, tra cui si ricordano l'esposizioni universali di Anversa (1894), di Barcellona (1896), Monaco (1900), l'Esposizione Italiana di San Pietroburgo del 1902, e poi ancora quelle di Bruxelles, Buenos Aires, Santiago del Cile (1910) e a Barcellona del 1911. Nel 1895 partecipò alla Prima Biennale di Venezia con il Beethoven (Napoli, Conservatorio di S. Pietro a Majella), opera destinata a rinnovare la tipologia del monumento commemorativo, grazie all'attenzione riservata dall'artista agli aspetti psicologici del personaggio rappresentato. Due anni dopo vinse il concorso indetto dalla città di Bergamo per un monumento a Gaetano Donizetti, occasione che gli permise di sperimentare una diversa concezione architettonica di questo genere di opere.

MONUMENTO A GAETANO DONIZETTI

L'inizio del nuovo secolo vide impegnato Jerace nell'esecuzione della statua in bronzo del Redentore, collocata l'anno successivo sulla vetta più alta dell'Aspromonte, e quella di Giovanni Nicotera a Napoli. Nel 1902, scolpì il pulpito dell'antico duomo di Reggio Calabria, e due anni dopo i rilievi con storie di San Gennaro per la facciata del duomo napoletano. Sempre a Napoli, nel 1909, realizzerà per il frontone centrale dell'Università un altorievo in bronzo raffigurante Federico II che istituisce la prima univeristà del suo regno. Nel 1911 eseguì una delle opere più importanti della sua carriera artistica: il gruppo in bronzo dell'Azione, destinato al basamento destro dello scalone del Vittoriano di Roma (1911), in cui lo scultore riuscì ad unire in una scenografia classicheggiante figure allegoriche e storiche. Il successo dell'impresa, ispirata al grande altorilievo La Marsigliese di François Rude collocato, nel corso degli anni Trenta dell'Ottocento, sull’Arco di Trionfo di Parigi, intensificò gli incarichi pubblici: nel 1913 realizzò a Campobasso il monumento in bronzo al patriota Gabriele Pepe e nel 1915 quello dedicato a Giuseppe Martucci, a Capua; negli stessi anni portò a termine la serie di uomini illustri per i giardini della villa Trieste a Catanzaro e per la villa comunale di Napoli.

L'AZIONE

Dal 1920 partecipò alle Biennali di Reggio Calabria, organizzate dall'amico Alfonso Frangipane, dove presentò il busto della poetessa Nosside di Locri, considerata tra le più significative sculture del catalogo dell’artista calabrese. 

NOSSIDE

In quello stesso anno Jerace iniziò a lavorare alla scultura in bronzo del sottotenente di vascello Vito Nunziante per il monumento ai caduti della Grande Guerra di San Ferdinando in Calabria, opera che fungerà da modello per il fante del monumento ai caduti di Stefanaconi (VV), del 1924, e per lo stesso soggetto riproposto nel monumento ai caduti di Reggio Calabria, già ideato nel 1922, ma inaugurato solo nel 1930 in presenza del re Vittorio Emanuele III. 

MONUMENTO AI CADUTI DI SAN FERDINANDO

Nel giro degli stessi anni lo scultore realizzò anche i monumenti ai caduti per le città di Sorrento (1926), Torre Annunziata (1926), Cava de’ Tirreni (1929), di Polistena e Scafati (1935), e di Aversa (1936). Tra il 1935 e il 1936 l'artista tornò a lavorare nella sua regione, realizzando il monumento ad Armando Lucifero a Crotone e il monumento a Giuseppe De Nava, nella piazza omonima di Reggio Calabria.

MONUMENTO AI CADUTI DI REGGIO CALABRIA

Nell'ambito dell'arte sacra si ricordano opere quali Mater dolorosa (1920) per la Tomba Cocchia (Napoli, cimitero di Poggioreale), citazione della Pietà michelangiolesca; gli Angeli in adorazione e Santi (1924) per la basilica di S. Maria dell'Olmo a Cava de' Tirreni; la statua in bronzo di San Francesco nel sagrato dell'omonima chiesa, nel rione Sbarra di Reggio Calabria, realizzata nel 1926 in occasione del VII centenario della morte del santo, e poi ancora le statue di S. Paolo e S. Stefano di Nicea (1929) per la gradinata che ingetilisce la facciata del duomo di Reggio Calabria, due gruppi marmorei per la chiesa di Santa Maria a Varsavia, la Madonna del Rosario (1930) per la chiesa di Cittanova ed infine il dipinto dell'Ultima Cena destinato alla Matrice della sua amata Polistena.

STATUA SAN PAOLO

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